L’importanza dell’oggetto transizionale nello sviluppo del bambino
Nove mesi nella pancia della mamma. Nove mesi di vita simbiotica che lega madre e bambino in un’unica esperienza sensoriale che non termina al momento della nascita.
Il taglio del cordone ombelicale non è sufficiente a interromperne il legame. Le braccia della mamma si sostituiscono al calore del ventre e il bambino continua a sentirsi protetto.
L’Holding, secondo Winnicott, è questa capacità di sostenere il proprio figlio attraverso l’abbraccio. Stringere il proprio bambino non è un’operazione scontata e priva di significato. È il punto di partenza per lo sviluppo psicoaffettivo sano del neonato.
In questa fase, il piccolo, non è in grado di riconoscere e dividere il mondo dal Sé e Non – Sé e vive un periodo di onnipotenza soggettiva. Tutto ciò che lo circonda è creato semplicemente dai suoi desideri. Questo avviene poiché la madre non solo ne interpreta i bisogni ma li anticipa.
Le cure materne, se sufficientemente buone, aiutano successivamente il formarsi di relazioni oggettuali positive e permettono di costruire uno spazio transizionale a metà fra il delirio soggettivo e la realtà oggettiva condivisa.
In questa “finestra magica” vivono gli oggetti transizionali, i primi veri oggetti interiorizzati dal bambino come Non –Sé. Questi feticci aiutano il distacco dalla figura genitoriale primaria traghettando il pensiero dal soggettivo all’oggettivo.
L’oggetto transizionale è l’inseparabile coperta di Linus, il peluche preferito che il bambino vuole nel momento della nanna ma crescendo può essere diventare anche l’amico immaginario. Compagno di dialoghi e avventure che l’adulto fa fatica a comprendere.
Calvin&Hobbes, nella tenerezza delle sue strisce, spiega molto bene l’importanza del rapporto tra il bambino e l’oggetto transizionale consolatorio: il suo peluche a forma di Tigre.
Hobbes si pone come mediatore per Calvin tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, permettendogli di vivere in maniera sana e corretta le proprie fantasie.
La creazione di una compagnia immaginaria non è quindi patologica, a meno che, nel creare un doppio sé, il processo non continui fino alla conclusione delle scuole elementari. In questo caso potrebbe essere opportuno chiedere un consulto.
Rispettare e assecondare l’affetto dei propri figli per gli amici immaginari vuol dire concedere uno spazio speciale di prova, un contenitore dove i bambini possano crescere elaborando e semplificando le esperienze esterne che altrimenti risulterebbero enormi e incomprensibili.
Non bisogna preoccuparsi e non occorre affrettarne il distacco. La separazione accadrà in maniera graduale e autonoma nel momento in cui il bambino non avrà più bisogno del feticcio consolatorio.
La cosa più utile che un genitore possa fare è, quindi, accettare (finalmente) quell’invito a sorseggiare un tè trasparente, in tazzine invisibili, conversando amabilmente con la Sig.ra TestadiLana.
CONSIGLI PER LA LIBRERIA: Calvin and Hobbes, Bill Watterson.