L’androginia come nuova categoria di genere
1954–1982: L’uomo, la donna e l’Androgino
Questo periodo si apre con un’intuizione “fortuita” di E. Maccoby, professoressa di Psicologia presso la Stanford University, la quale, durante una ricerca in collaborazione con la sua collega C. Jacklin sull’interazione genitore-figlio, si accorse che la letteratura pubblicata in merito alla distinzione tra uomo e donna era del tutto insufficiente e, spesso, basata su semplici stereotipi e pochissime evidenze scientifiche. Alla luce di questo, decisero di addentrarsi in una revisione sistematica della letteratura sulle differenze di genere, dal quale emerse che alcuni studi, pur arrivando a valide conclusioni non avevano trovato il modo di essere divulgati. La somma di questo immenso lavoro trova la sua sintesi nella pubblicazione del 1974 “The Psychology of Sex Differences”, dove la comunicazione di base sfata il mito di differenze sostanziali tra i due sessi. Donne e uomini sono molto più simili di quello che abbiamo sempre pensato.Nelle precedenti ricerche, Mascolinità e femminilità sono stati visti come estremi opposti di uno stesso continuum di genere al quale correlare il profilo psicologico derivante dal sesso biologico. Una persona può avere un profilo maschile o uno femminile Non entrambi.
“Questa dicotomia di ruolo è servita a oscurare due ipotesi plausibili: molti individui sono androgini; ovvero, è probabile che possano essere sia maschili che femminili, sia assertivi che indecisi, sia razionali che emotivi sulla base della risposta appropriata alle varie situazioni; e al contrario gli individui che sono fortemente tipizzati nel ruolo sessuale sono limitati nella serie di comportamenti a disposizione nelle diverse circostanze.”
Il concetto di androginia potrebbe consentire al singolo individuo di usufruire in maniera equilibrata di comportamenti sia femminili che maschili, al contrario di chi, intrappolato in rigidi concettualizzazioni di sé inibisce selettivamente atteggiamenti attribuibili in maniera stereotipata al sesso opposto. La visione unidimensionale del genere è stata primariamente contestata da Anne Constantinople (1973).
Mascolinità e femminilità non sono due poli di una stessa scala, ma son due dimensioni ben distinte. Pertanto, lo stesso individuo può presentare aspetti psicologici femminili e aspetti psicologici maschili in percentuali differenti.
A questa idea si aggancia S. Bem con il suo test di valutazione di genere Bem Sex- Role Inventary (BSRI), dove alle scale di mascolinità e femminilità ne aggiunge anche una terza, mai postulata, scala di androginia. Il suo strumento è basato su tratti maschili e femminili che sono stati percepiti come desiderabili per gli uomini e le donne. I precedenti diagnostici, invece, utilizzavano come criterio di discriminazione i comportamenti più comunemente osservati in entrambi i sessi. La differenza nel punteggio nella sezione femminile della scala e il punteggio della sezione maschile determina il grado di mascolinità, femminilità, o androginia. Quanto più basso è il valore ottenuto dalla differenza dei due indici tanto più il soggetto si trova nella dimensione androgina.I risultati emersi mostrano effettivamente l’esistenza di questo terzo tipo di identità, non particolarmente sessualizzato. L’androginia, pertanto, va intesa come risorsa e come opportunità di flessibilità e adattamento alle situazioni. Così si conclude la ricerca di S. Bem:
“Si spera che lo sviluppo del BSRI incoraggerà i ricercatori della Psicologia di Genere a mettere in discussione il presupposto tradizionale che l’individuo è dipendente dal sesso biologico che ne caratterizza la salute mentale, per iniziare a concentrarsi sulle conseguenze comportamentali e sociali del più flessibile concetto di sesso di ruolo.”
E ancora
“In una società in cui la differenziazione rigida dei ruoli sessuali ha già esaurito la sua utilità, forse la persona androgina verrà a definire uno standard più umano di salute psicologica”.
È importante come la ricercatrice imputi l’integrità della salute mentale di un individuo alla possibilità di uscire dai ruoli sessualmente e biologicamente prescritti. Ad oggi sappiamo che diverse patologie sono dovute a questa categorizzazione di genere che spesso porta sentimenti di inadeguatezza e disagio a chi non riesce a riconoscersi in ruoli prestabiliti e a esperire comportamenti socialmente desiderabili o attesi.
CONSIGLI PER LA LIBRERIA: S. L. Bem, The measurement of psychological androgyny, in «Journal of Consulting and Clinical Psychology» Volume 42, 1974