Quali sono gli ormoni alla base dell’identità di genere?
Al momento del concepimento e fino alla settima settimana gestazionale, l’embrione non è ancora sessualmente formato. Solo dopo questi primi quaranta giorni, l’embrione se non è portatore di cromosoma XY, continua il suo sviluppo come feto femminile, altrimenti dopo la decima settimana iniziano a differenziarsi i testicoli. Queste strutture secernono Testosterone, per la crescita dell’apparato riproduttivo maschile, e l’ormone Antimulleriano (AHM). Il testosterone, successivamente, si lega con una proteina all’interno delle cellule bersaglio. Il mancato o incompleto legame è responsabile della femminilizzazione testicolare o Sindrome di Morris. Questa patologia prevede lo sviluppo di gonadi ritenute all’interno dell’addome e la mancata soppressione dei caratteri femminili.
L’ormone Antimulleriano è prodotto dal gene MIF ed è responsabile della regressione degli abbozzi embrionali femminili. Un funzionamento disfunzionale del MIF provoca pseudoermafroditismo interno e criptorchidismo.
A livello cerebrale, la differenziazione sessuale avviene in un secondo momento ed è fortemente influenzata dall’azione ormonale.
Come afferma D. Swaab
“(…) nella seconda parte della gravidanza, il cervello si differenzia in senso maschile o femminile dato che nel maschio si ha un picco di testosterone e nella femmina no. In questo periodo la sensazione di essere uomo o donna, la nostra identità di genere, si fissa nelle strutture cerebrali per il resto della nostra vita”.
Riconoscere questa pre-determinazione a livello dell’identità sessuale è molto importante. Infatti, come illustra il neurobiologo nel suo lavoro, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, i bambini venivano considerati come fogli bianchi (Swaab, 2010) sui quali poter scrivere e definire l’appartenenza sessuale e di conseguenza il comportamento associato al genere. Questo atteggiamento, nei confronti di neonati con disfunzioni che rendevano ambiguo il fenotipo sessuale, ha portato a conseguenze drammatiche ravvisabili in alcuni casi divenuti famosi.
David Reimer è una delle vittime di questa pratica di riassegnazione sessuale.
Perse il pene all’età di un anno a causa di una circoncisione non eseguita correttamente. In seguito a questo irreparabile danno, subì un’operazione per l’asportazione dell’apparato genitale maschile e seguì una cura ormonale a base di estrogeni.
L’assistenza in questo percorso di trasformazione venne affidata al Dott. J. Money, psicologo Ospedale Johns Hopkins di Baltimora e sostenitore di questa teoria sulla neutralità sessuale dei neonati.
Secondo lo psicologo
“Alla nascita l’identità di genere è ancora così poco differenziata che di un individuo geneticamente maschio si può fare una femmina. L’identità di genere si sviluppa successivamente a seconda dell’educazione.” (J. Money, 1975)
Il Dott. Money seguì il caso per circa dieci anni, sostenendo il successo della riassegnazione di genere operata su Reimer. In realtà, all’età di tredici anni, il ragazzo tentò il suicidio e manifestò il suo malessere chiedendo di interrompere gli incontri con il Dott. Money. Solo un anno dopo, i genitori informarono il figlio della riassegnazione, dandogli la possibilità di scegliere nuovamente l’originaria identità maschile. Purtroppo, gli anni di “cura” e l’aver vissuto letteralmente “nei panni di un’altra persona”, incisero irrimediabilmente sulla sua salute psichica fino a quando nel 2004 decise di togliersi la vita.
Gli ormoni hanno effetti anche sul comportamento sessuale specifici di genere.
Kimchi et al. (2007), con uno studio condotto su un campione di ratti, hanno notato che anche i roditori di sesso femminile sono in possesso dei circuiti neuronali che controllano l’espressione del comportamento di accoppiamento tipicamente maschile ma che la loro funzione è normalmente soppressa dall’azione dei feromoni.
Gli ormoni sessuali influenzano i processi di apprendimento e memoria, e interagiscono con gli ormoni dello stress.
G.P. Dohanich, attraverso ricerche condotte su ratti, ha dimostrato che il ciclo estrale interagisce con le capacità di apprendimento e memoria in situazioni di stress.
Anche negli esseri umani la fase del ciclo mestruale influenza in modo significativo le prestazioni in compiti sia verbali e spaziali, modulando i circuiti neurali associati con l’eccitazione.
Gli ormoni intervengo oltretutto nel modulare la risposta cerebrale a sostanze stupefacenti come la cocaina e le anfetamine. Questo meccanismo potrebbe essere alla base delle differenze di genere nell’incidenza delle tipologie di dipendenze da sostanze.
Dopo aver analizzato numerose fonti sulle differenze morfologiche e funzionali, possiamo affermare che le diversità riscontrate possono influire su strategie cognitive utili per interpretare la realtà e che queste differenze portano a comportamenti specifici legati all’identità di genere. Nessuno dei due sessi emerge affermando una superiorità intellettiva tanto affermata prima delle recenti ricerche.
Ma, queste stesse ricerche ancorate al binomio uomo-donna, dove l’appartenenza sembra quasi implicare caratteristiche esclusive ed escludenti per l’altro sesso, non tengono conto della plasticità stessa del cervello umano, della capacità degli individui di evolvere tramite l’apprendimento e del ruolo che il contesto sociale, la cultura e il rapporto con gli altri posso avere nella genesi dei comportamenti e dei pensieri.
Come afferma Baron – Cohen
“Anche se ci sono chiare differenze strutturali cerebrali tra i maschi e le femmine un importante ruolo è svolto dall’ ambiente e dalla società nella quale si vive“.
CONSIGLI PER LA LIBRERIA
S. Raimondo, A. Di Luccio, V. Ventruto, La genetica nell’infertilità maschile, Milano, 2008
D. Swaab, La differenziazione sessuale del cervello nell’utero, cap. IV in «Noi siamo il nostro cervello. Come pensiamo, soffriamo, amiamo.», Roma, 2010
T. Kimchi, J. Xu, C. Dulac, A functional circuit underlying male sexual behaviour in the female mouse brain, in «NATURE» n. 448, 2007 (pp. 1009-1014) (http://www.nature.com/)
L. Cahill, Why sex matters for neuroscience, in «Nature Reviews Neuroscience», volume 7, 2006 (p. 478) (http://www.nature.com/)
G.P. Dohanich, Gonadal steroids, learning and memory in «Hormones, Brain and Behavior», Volume 2, San Diego, 2002 (pp. 265–327)
L. Cahill, Why sex matters for neuroscience, in «Nature Reviews Neuroscience», volume 7, 2006 (p. 478) (http://www.nature.com/)
F. Fiore “Il cervello di uomini e donne: quali le differenze? – neuroscienze” in «State of Mind», 2014, (http://www.stateofmind.it/)