Stereotipo di genere: il contenitore che limita la libertà di evolversi secondo i propri desideri
Nella nostra cultura è naturale educare in maniera differente i bambini in base al sesso biologico, è conseguenza logica insegnare atteggiamenti tipici di genere secondo le regole di “normalità” che la società impone e che ormai fanno parte del corredo culturale dei membri che la compongono. Quasi non vi è un pensiero critico a monte che mette in discussione un “modo di fare” ormai consolidato negli anni e che poco si adatta all’evolversi del tempo. Questo è un chiaro stereotipo di genere.
Secondo questo ragionamento, l’evidenza biologica è la base dal quale partire per la costruzione identitaria, l’aspettativa di quello che quell’individuo diventerà, di come sceglierà di vivere la propria vita, azzerandone il potenziale evolutivo. Pertanto, come spiega la “teoria dell’attaccapanni” dell’identità di L. Nicholson (1996), le attese di genere non sono altro che manufatti culturali gettati sul piedistallo del corpo.
Le aspettative altrui su noi stessi diventano le nostre stesse aspettative. Questo definisce il nostro modo di essere, l’appartenenza al gruppo prescrive le caratteristiche alle quali noi aderiamo nel costruire la nostra identità. (M. Busoni, 2000). Noi siamo quello che altri hanno deciso che noi saremo e questo coincide aprioristicamente con i nostri desideri.
Il nostro Io è il riflesso di interazioni interpersonali e di ciò che gli altri percepiscono di noi. (H. Cooley, 1902)
Stereotipi sessuali: le barriere dell’identità di genere
Il primo gruppo che influisce significativamente sull’individuo, e le cui aspettative perdurano per tutta la vita, è la famiglia. Nel momento in cui nasce un bambino, nascono anche due genitori con
“un complesso sistema di aspettative, di fantasie, di progetti che prendono l’avvio proprio dalla definizione sessuale e predispongono atteggiamenti, pensieri, valutazioni che incideranno sin dall’inizio sull’evolversi della vita del nuovo nato” (O. Codispoti, 2003).
Se i genitori non sono in grado di adeguare le loro rappresentazioni e aspettative ai reali bisogni e all’effettivo temperamento del bambino, egli non sarà in grado di costruire rappresentazioni interne organizzate e coerenti rispetto alle relazioni interpersonali. (Bretherton, 1992).
L’adulto, abituato a mentalizzare l’individuo su base dicotomica maschile/femminile, perseguirà nell’educazione del proprio figlio una pedagogia della differenza. I percorsi di crescita disegnati per un bambino sono diversi se si tratta di un figlio maschio o di una figlia femmina, senza contare che molti atteggiamenti sono appresi dall’infante tramite l’osservazione dei comportamenti del genitore dello stesso sesso perché considerati tipici di genere.
Inoltre anche la terminologia usata per descrivere comportamenti, personalità e tratti caratteriali è differente.
Gianini Belotti (1973) scrive come i bambini, in famiglia e a scuola, non sono liberi dallo stereotipo di genere sociale. I bambini maschi sono meno avvezzi all’igiene personale, meno intelligenti, più aggressivi ma in compenso più autonomi.
Di contro “Le bambine sono più docili, più servili, più dipendenti dal giudizio dell’insegnante, più deboli di carattere, più piagnucolose, più pettegole, più spione, meno solidali con il loro sesso, meno allegre.” Al contrario dei maschi curano maggiormente l’igiene personale e sono più intelligenti.
Anche le attività ludiche, e le caratteristiche dei giocattoli stessi, riflettono lo stereotipo di genere della separazione tra maschile e femminile.
Le bambole, da curare e coccolare in modo materno, per le bambine. Armi giocattolo per i bambini che scaricano aggressività e violenza. Questa scelta dei giocattoli rinforzerebbe le abilità visuo-spaziali nei gli uomini e l’empatia nelle donne.
Lo stereotipo di genere funge come contenitore che limita la libertà di evolversi secondo inclinazioni personali che, non avendo la possibilità di maturare, rimangono inespresse e sconosciute all’interno della psiche dell’individuo. Quando questi “semi” non vengono sepolti totalmente da una costruzione identitaria stereotipata e non realmente “sentita”, emergono e causano sofferenza nella persona. Un disequilibrio doloroso, spesso taciuto, spesso nascosto non solo al proprio gruppo sociale ma anche a sé stessi.
Gli stereotipi di genere influenzano gli atteggiamenti adottati nei confronti del prossimo sotto l’aspetto cognitivo, affettivo e comportamentale.
Nella componente cognitiva, il risvolto negativo si ha nel costrutto del ruolo di genere. Attribuire una persona compiti e responsabilità in base al sesso biologico. Da una donna ci si aspetta che sia una buona madre e una buona casalinga, all’uomo invece è destinato il compito di provvedere ai bisogni materiali della famiglia.
Nell’affettività, invece, il sessismo si esplicita etichettando la popolazione femminile come il sesso debole e questo si riflette nei comportamenti discriminatori che la società attua nei confronti delle donne alle quali son precluse determinate carriere, stipendi e mestieri. Questa stessa discriminazione avviene spesso anche nei confronti di chi disattende le aspettative scegliendo un’identità in opposta al sesso biologico.
ROTTE DI NAVIGAZIONE
Rosazzurro – by Titania Blesh https://www.facebook.com/ventriquattroorecomics/photos/?tab=album&album_id=668777666619961
CONSIGLI PER LA LIBRERIA
L. Nicholson, Per un’interpretazione di genere,1996, in S. Piccone, C. Saraceno, Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Bologna, 1996
M. Busoni, Genere, sesso, cultura. Uno sguardo antropologico, Roma, 2000
H. Cooley, Human Nature and the Social Order, New York, 1902
O. Codispoti, Presentazione, in A. Taurino, Identità in transizione. Dall’analisi critica delle teorie della differenza ai modelli culturali della mascolinità, Milano, 2003
I. Bretherton, Modelli Operativi Interni e trasmissione intergenerazionale dei modelli di attaccamento, in M. Ammaniti, D. N. Stern, Attaccamento e psicoanalisi, Bari, 1992
K. Bussey, A. Bandura, Influence of Gender Constancy and Social Power, in «Journal of Personality and Social Psychology», Volume 7, n° 6, 1984
E. Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine: l’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita, Milano, 1973
V. S. Helgeson, The Psichology of gender, Pearsons, 2012 4°, 2001