Quali sono le cause della Disforia di Genere?
La Disforia di genere è una nuova classe di diagnosi nel DSM-V e riflette un cambiamento nella concettualizzazione del disturbo enfatizzando il fenomeno dell’incongruenza piuttosto che l’identificazione col sesso opposto, come era previsto nel Disturbo di Genere del DSM-IV.
Necessario per la diagnosi è il desiderio di appartenere o la tendenza ad identificarsi precocemente nell’altro genere.
Il termine “disforia” rimanda alla sofferenza psicologica dell’individuo causata dall’angoscia di inadeguatezza circa il proprio sesso biologico.
Di Ceglie, nel suo libro “A Stranger in My Own Body”, propone il termine “Atypical Gender Identity Organization” che coincide con il disturbo dell’identità di genere. Questa patologia rappresenta un sistema di difesa la cui funzione è quella “assicurare un senso di sopravvivenza psichica di fronte ad un’esperienza di catastrofe psicologica e caos nella prima infanzia […] o potrebbe essere un modo di integrare esperienze atipiche che hanno una base biologica con percezioni nell’area sessuale”.
Secondo il DSM-V, la Disforia di Genere si presenta negli adulti con una percentuale che va dal 0,005% al 0,014% per i maschi e 0,002%- 0,003% per le femmine. Dal momento che non tutti gli adulti ricorrono un trattamento ormonale e riassegnazione chirurgica, questi dati potrebbero essere sottostimati.
L’eziologia di questo disturbo non è del tutto chiara, pertanto sono difficilmente spiegabili le ragioni di questa prevalenza maschile. Da un lato i maschi sono maggiormente vulnerabili biologicamente, dall’altro per loro c’è una minore tolleranza da parte dell’ambiente sociale per tutti quei comportamenti che disattendono le aspettative di genere.
A livello cerebrale è presente un dimorfismo di alcune strutture encefaliche.
Il nucleo sovrachiasmatico, “l’orologio biologico” situato nell’ipotalamo, contiene più neuroni e ha un volume maggiore rispetto agli uomini eterosessuali. L’ipotalamo è fondamentale nel controllo del comportamento sessuale.
Il nucleo INAH-3, le cui dimensioni sono maggiori nell’encefalo degli uomini eterosessuali rispetto alla donna, ha una superficie pari a quella presente nel cervello femminile.
Inoltre, la sezione trasversa a livello mediosagittale della commessura anteriore è maggiore nei gay anche se non risulta strettamente correlata con il comportamento sessuale.
LeVay (1993), al termine della sua ricerca, conclude così
“Semplificando al massimo, i gay semplicemente non hanno le cellule cerebrali che fanno sì che siano attratti dalle donne”.
Diversi ricercatori hanno cercato di individuare il “gene dell’omosessualità”.
Studi sui gemelli hanno evidenziato una possibile eredità genetica (J. M. Bailey, R. C. Pillard, 1991). La concordanza tra gemelli omozigoti maschi si aggira intorno al 50%, mentre quella per i gemelli eterozigoti è circa del 25%. La validità della ricerca è però messa in dubbio dal campione utilizzato formato da individui volontari. Oltretutto, se alla base dell’omosessualità ci fosse un legame genetico, la concordanza tra i fratelli omozigoti sarebbe dovuta essere del 100%.
Il Dottor D. Hamer, grazie alle tecniche di biologia molecolare, è riuscito a individuare un marcatore dell’omosessualità sul cromosoma X, nella regione Xq28. Questa porzione sintetizza una proteina coinvolta nella genesi e nella estinzione ei neuroni della regione INAH-3.
Altre ipotesi all’origine della disforia di genere prevedono disfunzioni ormonali durante il periodo della gravidanza causate da eccessivi livelli di stress della madre. La “teoria dell’effetto di feedback positivo all’estrogeno” spiega come questa patologia possa essere il risultato di un’eccessiva o scarsa esposizione agli androgeni durante lo sviluppo del feto delle strutture ipotalamiche che regolano la produzione dell’ormone Follicolo Stimolante (FSH) e dell’ormone Luteinizzante (LH). (G. Dörne, 1976).
Un altro fattore importante nello sviluppo di un orientamento omosessuale è la repressione subita dall’individuo all’interno della propria società e cultura.
Per Galimberti
“L’ambiente in cui viviamo (in primo luogo la famiglia, cellula del tessuto sociale) è eterosessuale: in quanto tale costringe il bambino, colpevolizzandolo, a rinunciare alla soddisfazione dei propri desideri auto e omoerotici e lo obbliga a identificarsi con un modello monosessuale di tipo eterosessuale mutilato […] Si nasce dotati di una disponibilità erotica amplissima, rivolta prima di tutto verso sé stessi e la madre e poi via via rivolta verso ‘tutti’ gli altri, indipendentemente dal loro sesso”.
Coates e Person hanno notato che un attaccamento insicuro (J. Bowbly, 1989) genera ansia da separazione negli adolescenti maschi con disturbo identità di genere. L’assenza della madre verrebbe compensata da parte del bambino maschio con l’adozione di atteggiamenti effemminati.
La perdita del legame affettivo con una madre depressa o ansiosa causa un’identità confusa, destabilizzando il suo senso di sicurezza e il Sé. (S. Coates, C. Cook, 2001).
Secondo D. Di Ceglie, il bambino maschio tenta di gestire questo trauma tramite la fantasia risolutoria in cui si identificano con la mamma. I bambini immaginano di “essere la mamma” anziché di “essere con la mamma”. Questo garantisce la protezione necessaria alle minacce esterne all’integrità della propria psiche.
In alcuni casi ad essere assente nell’affettività del bambino è la figura paterna. L’omosessuale maschio non è riuscito a superare la fase edipica con l’identificazione con il padre e il desiderio per la madre come oggetto amoroso. Questo “fallimento” e il conseguente atteggiamento non conforme alle aspettative di genere porterebbe il padre a distanziarsi ancora di più nella relazione con il figlio. In questo modello familiare, il rapporto con la madre è di tipo simbiotico e iperprotettivo.
CONSIGLI PER LA LIBRERIA
American Psychiatric Association, Highlights of Changes from DSM-IV-TR to DSM-5, 2013, (http://www.dsm5.org/)
D. Di Ceglie, Straniero nel mio corpo. Sviluppo atipico nell’identità di genere e salute, Milano, 2003
American Psychiatric Association, DSM-5 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Arlington, 2013
S. LeVay, A difference in hypothalamic structure between homosexual and heterosexual men, in «Science», Volume 253, 1991
S. LeVay, Sexual Brain, trad. it. «Le radici della sessualità», Bari, 1994
J. M. Bailey, R. C, Pillard, A Genetic Study of Male Sexual Orientation, in «Arch Gen Psychiatry», Volume 48, Numero 12, 1991
D.H. Hamer, S. Hu, V. L. Magnuson, N. Hu, A. M. Pattatucci, A linkage between DNA markers on the X chromosome and male sexual orientation, in «Scienze», Volume 261, Issue 5119, 1993
G. Dörne, Hormones and Brain Differentiation, Amsterdam, 1976
M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Torino, 1977
S. Coates, E. S. Person, Extreme boyhood femininity: Isolated finding or pervasive disorder?, in «Journal of the American Academy of Child Psychiatry», Volume 24, 1985
S. Coates, C. Cook, Disturbi dell’identità di genere, in M. Ammaniti, Manuale di psicopatologia dell’infanzia, Milano, 2001
D. Di Ceglie, A stranger in my own body, London, 1998
C. Simonelli, R. Rossi, I. Petruccelli, F. Tripodi, Identità di genere e sviluppo sesso-affettivo fattori di rischio e percorsi atipici nell’infanzia e nella preadolescenza, in «QUALE Psicologia», n°28, 2006