L’algoritmo del suicidio ha un’accuratezza del 90%
Il suicidio è un evento traumatico improvviso.
In realtà, non lo è assolutamente per la vittima ma lo è per la famiglia e gli amici che spesso aggiungono al dolore il rammarico di non aver potuto fare nulla per evitare che accadesse.
Da “COSA VREI DOVUTO FARE” al “COSA POSSO FARE”
Il team del Dott. C. Walsh della Vanderbilt University Medical Center ha tentato di implementare un algoritmo del suicidio che potesse realmente prevedere con precisione il rischio suicidario.
I risultati di questo studio sono sorprendenti.
L’algoritmo del suicidio ha un’accuratezza dell’ 80-90% per chi potrebbe tentare il suicidio entro i prossimi due anni e una validità del 92% nel prevedere se qualcuno cercherà di togliersi la vita entro una settimana.
La previsione è basata su dati che comprendono: ricoveri ospedalieri, età, sesso, zona di residenza, farmaci e diagnosi precedenti.
Il Dott. Walsh e colleghi hanno inizialmente testato l’algoritmo su un campione di 5.167 pazienti del Vanderbilt University Medical Center con storie di autolesionismo o ideazione suicidaria.
Questo gruppo di oltre 5.000 casi è stato sottoposto all’algoritmo del suicidio al fine di estrapolare i soggetti maggiormente a rischio.
In seguito, questo algoritmo è stato impiegato su un gruppo più ampio di 12.695 pazienti selezionati casualmente e senza storia documentata di tentativi di suicidio. L’accuratezza dell’algoritmo si è dimostrata ancor più efficace.
Lo studio del Vanderbilt University Medical solleva una questione etica sul ruolo dei computer nell’ambito dell’assistenza sanitaria e delle informazioni utilizzabili ai fini della ricerca. L’intelligenza artificiale, anche in questo caso, non si sostituisce allo specialista ma diventa invece un valido alleato dello stesso che tramite le sue competenze professionali ma anche “sociali” riesce a reperire le informazioni necessarie per l’elaborazione dei dati e impronta un piano di intervento di prevenzione e protezione del singolo e della comunità.
Inoltre la ricerca presenta ancora diversi limiti. Lo stesso Walsh riconosce che l’algoritmo del suicidio si basa su dati provenienti da ricoveri ospedalieri tralasciando quindi chi, pur essendo a rischio, non ha relativa documentazione medica. Ed è in questo senso che la ricerca andrà ad evolversi, nel tentativo di individuare e utilizzare informazioni provenienti da altre risorse.
Ma qual è la più grande fonte di informazioni del nostro millennio?
INTERNET E I SOCIAL
“Spendiamo così tanto tempo su Facebook e Twitter che lì ci possono essere sicuramente dati che potrebbero essere utilizzati per prevedere il rischio di suicidio”.
All’inizio di quest’anno Zuckerberg aveva annunciato un possibile utilizzo del suo social nell’analisi e rilevamento di post a contenuto autolesionista. Speriamo che questi due mondi possano trovare il modo di avvicinarsi e integrarsi.
Come detto in precedenza, il suicidio è ancora una realtà stigmatizzata e di difficile condivisione. Il personale medico spesso non è adeguatamente formato e men che meno lo è la popolazione media.
I dati del WORLD HEALTH ORGANIZATION
Ogni anno, circa 800.000 persone muoiono a causa del suicidio e molti altri tentano di suicidarsi.
Il suicidio rappresenta la seconda causa principale di morte tra i 15 ei 29 anni in tutto il mondo.
Il suicidio è un fenomeno globale in tutte le regioni del mondo.
Per ogni individuo che si suicida ce ne sono altri 20 altri che tentano di togliersi la vita.