Maggio 1987. Asilo.
Ore 10.00. L’ora della ricreazione.
“Bambini oggi c’è il sole. Andiamo fuori a giocare. Mi raccomando, rimanete nel nostro cortile. Non andate di là!”
Il cortile “DILLA’”, la zona proibita alla quale potevi accedere solamente strisciando sotto la siepe. Trasgredire voleva dire beccarsi un bel rimprovero da parte della maestra, una punizione da scontare durante l’ora di gioco in classe e le grida della mamma alla quale non potevi nascondere le tracce di terra sul grembiule. D’altronde non si può strisciare senza sporcarsi.
Ma il richiamo del DILLA’ (e dell’avventura) era troppo forte.
E poi, loro ti stavano aspettando.
Lo sapevi che avevano atteso quelle lunghe settimane di pioggia senza poterti vedere.
Lo sapevi che il loro cuore fremeva con la speranza di rivederti ancora. Da giorni, ormai, dietro la finestra nelle giornate grigie ad aspettare con le tasche colme di Rossana e la testa piena di storie da raccontare.
Finalmente il sole, e come i fiori a primavera i bimbi nel cortile.
Con la complicità di qualche compagno riuscivi ad oltrepassare la siepe. E li trovavi lì, curati ed eleganti su quelle panchine in legno. Ognuno al loro posto, sempre quello.
Nonno Marino seduto vicino all’aiuola con i fiori gialli, Nonna Adele accanto a lui, Nonno Paolo di fronte che chiacchiera con Nonno Vincenzo e Nonno Franco. C’è anche Nonna Gina che cinguetta come gli uccellini nella speranza di poterli toccare.
Sono tutti lì i “miei” Nonni. Con i loro sorrisi pronti e gli occhi che si fanno sempre un po’ più umidi quando te ne vai.
Sedersi accanto a loro ti faceva sentire grande, ti faceva sentire parte delle loro magnifiche storie. Le loro vite erano racconti avvincenti fatti di “draghi” reali da sconfiggere, torri da scalare e persone da salvare. Tutte storie a lieto fine dalle quali si intravedevano le difficoltà della vita adulta ma anche la possibilità di riuscire sempre a vincere con la forza dell’impegno.
La campanella, prepotente ed egoista, spezzava la magia e tornare in classe era sempre un po’ triste (complici la punizione sicura e i rimproveri materni).
Questi incontri clandestini rendevano molto felici sia i Nonni che i bambini. Molti di noi non avevano la possibilità di stare con i propri e di poter imparare così tante cose.
I benefici di questo legame, che noi ingenuamente credevamo fosse segreto, erano così evidenti che il giornale locale volle intervistare gli anziani di quella casa di riposo confinante con l’asilo delle suore.
Questa è una storia vera, il racconto di una bimba che a 4 anni finì in prima pagina tenendo per mano il suo adottivo Nonno Marino 97enne (e che ancora oggi ne conserva gelosamente la foto).
Sono passati molti anni e quella bimba ancora oggi non resiste all’impulso di strisciare sotto le siepi per andare “oltre” i confini del conscio percepito, incontrare persone e vivere nelle loro storie.